PARTE SECONDA – L’utilizzo della bicicletta e la progettazione delle reti urbane
Nel PGMC vengono riportati i dati di una ricerca elaborata da Eurobarometer sullo share modale (percentuale di utilizzo) della bicicletta nel 2019 nei Paesi dell’Unione Europea (Gran Bretagna inclusa). Mentre in Italia si è al 4% (la media europea è del 5%), in diversi Paesi come Belgio (12%), Danimarca (12%), Finlandia (13%), Ungheria (14%), Germania (15%), Svezia (21%), Olanda (41%) si supera il 10%. In Italia l’utilizzo della bicicletta è molto differenziato tra le varie regioni, con percentuali più alte al nord rispetto al sud.
L’ISTAT ha analizzato la presenza delle strutture ciclabili nei 104 capoluoghi di provincia rilevando che “la crescita regolare e sostenuta delle piste ciclabili, osservata negli ultimi anni, prosegue anche nel 2020, con un incremento del 5,3% rispetto all’anno precedente (+20,7% dal 2015)”. Anche in questo caso è nel nord che si concentra la maggioranza dei percorsi ciclabili (oltre il 70%).
Il primo principio per la progettazione delle reti urbane ciclabili è garantire la “democrazia dello spazio pubblico”. In sostanza, “va aumentato lo spazio destinato alla ciclabilità (oltre che alla pedonalità e al trasporto pubblico) e razionalizzato quello per la circolazione e sosta dei veicoli privati”. Sono quindi da evitare i percorsi promiscui pedonali e ciclabili e quelli su marciapiede. Al posto della “separazione/segregazione, il criterio guida per l’assunzione delle decisioni è il modello della condivisione dello spazio stradale tra gli utenti”. La sicurezza degli utenti più deboli, che è l’aspetto più rilevante che limita l’uso della bicicletta, si potrà migliorare con “la realizzazione in ambito urbano delle città 30 km/h”. Ciò richiede l’adozione di questo limite di velocità per tutta la città, lasciando i 50 km/h come eccezione su alcuni assi principali.
La scelta di cui sopra “è decisiva per ridurre l’incidentalità verso la vision zero, l’inquinamento atmosferico, il rumore e le emissioni climalteranti favorendo gli spostamenti a piedi, in bici, con la micromobilità elettrica e i mezzi pubblici, senza significative variazioni dei tempi medi di percorrenza veicolare”.
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